La mattina presto, una calda luce del sole filtra attraverso le persiane in legno della vecchia casa e si posa sul comodino. In lontananza si staglia l’Etna, una presenza silenziosa ma imponente. Come un antico guardiano, il vulcano osserva Catania dall’alto, testimone dei secoli di storia di questa città. Svegliarsi in una città ai piedi di un vulcano è un’esperienza particolare: suscita un senso di rispetto verso la natura e un’intensa connessione con la storia.

Catania è la seconda città più grande della Sicilia. Non ha lo sfarzo di Palermo né l’eleganza di Taormina, ma possiede una bellezza ruvida e appassionata. Il suo centro storico – costruito con pietra lavica – è il cuore pulsante della città, una narrazione profonda di tempo, disastri e rinascita. Ho deciso di dedicare un’intera giornata a camminare tra le vie del centro, dal mattino fino al tramonto, per cogliere il ritmo e la vitalità unici di Catania.

1. Ore 7:30 – Il risveglio di Via Vittorio Emanuele II

Appena uscita di casa, mi incammino lungo via Vittorio Emanuele II. Questa arteria attraversa la città da est a ovest ed è la “spina dorsale” del centro storico, costellata di edifici e monumenti significativi: palazzi in pietra lavica, balconi in ferro battuto ricoperti di gerani, e facciate barocche annerite dal tempo. Le strade, ancora tranquille, sono animate solo dai baristi che sistemano i tavolini all’aperto e dai catanesi che leggono “La Sicilia” al chiosco dei giornali, con il caffè in mano e il volto ancora mezzo assonnato.

Entro in una vecchia caffetteria, con pavimenti in maiolica e sedie scricchiolanti in legno scuro, e ordino un espresso intenso e una fetta di Cassata Siciliana: dolce ma non stucchevole, con strati di ricotta, pan di Spagna e frutta candita che si sciolgono in bocca, perfetta per risvegliare i sensi. La luce del sole, che filtra attraverso i balconi barocchi, disegna giochi d’ombra sui marciapiedi. Una brezza leggera porta con sé il profumo del pane appena sfornato e della zagara, mentre la città lentamente prende colore, come una tela che si anima con ogni passo.

2. Ore 8:30 – Piazza del Duomo e il mercato del pesce

A dieci minuti a piedi si trova il cuore di Catania: Piazza del Duomo. Solenne ma accogliente, è dominata dalla Fontana dell’Elefante, simbolo della città, scolpita in pietra lavica nera. I turisti si fermano per una foto, mentre i locali la osservano con affetto: è un’icona d’identità.

Accanto sorge la Cattedrale di Sant’Agata, dedicata alla santa patrona. La chiesa, ricostruita più volte, unisce lo stile barocco alla tradizione bizantina. All’interno regna un silenzio sacro: una donna anziana prega in silenzio davanti all’altare, le candele tremolano. Mi fermo a osservare, pervaso da una quiete difficile da descrivere.

A soli due minuti si apre La Pescheria, il vivace mercato del pesce all’aperto. I suoni si intrecciano: voci, colpi di coltello, schizzi d’acqua. Un anziano pescatore taglia abilmente un pesce spada, mentre su un altro banco spiccano ricci e calamari. È un’immersione nell’anima verace di Catania: schietta, intensa, generosa.

3. Ore 10:00 – Castello Ursino e la memoria del vulcano

Lasciato il mercato, cammino per circa 15 minuti verso ovest, attraversando piazze assolate e piccole botteghe che espongono ceramiche colorate. Arrivo al Castello Ursino, costruito nel XIII secolo da Federico II di Svevia in riva al mare. Oggi, invece, si erge isolato nell’entroterra, incastonato in un paesaggio urbano nato dopo le eruzioni dell’Etna che lo hanno circondato con la lava, spostando il confine naturale della città. Il castello è un simbolo della resistenza, ma anche della capacità di trasformarsi.
All’interno, il museo civico racconta secoli di storia: ceramiche greche, busti romani, stemmi medievali. Mi perdo tra le sale fresche e silenziose, poi salgo sulla torre. Da lassù, il panorama è mozzafiato: l’Etna, con il suo pennacchio fumante, domina il nord; a sud, i tetti rossi della città e il blu lontano del Mediterraneo sembrano respirare insieme. In quel momento, capisco che Catania è sopravvissuta non nonostante il vulcano, ma grazie a lui.

4. Ore 12:00 – Pranzo tra i vicoli del centro storico

Per pranzo decido di evitare le strade principali e mi inoltro nei vicoli ombrosi intorno a Via Crociferi, dove i palazzi barocchi nascondono cortili silenziosi pieni di piante e balconi fioriti. È come entrare in un’altra epoca. Dopo qualche minuto di esplorazione, mi imbatto nell’“Osteria Antica Marina”, un piccolo locale a conduzione familiare, consigliato da chi Catania la vive ogni giorno.
Mi siedo a un tavolino all’ombra, accarezzato dalla brezza. Il menu, scritto a mano su una lavagna consunta, propone piatti semplici ma curati: scelgo una pasta ai frutti di mare con calamari teneri, cozze carnose e pomodorini dolci, il tutto accompagnato da un bicchiere di vino bianco fresco e leggermente aromatico. Mangiare qui non è solo nutrirsi, è un rito quotidiano. Come dolce, un Cannolo Siciliano: la scorza croccante si spezza sotto i denti, rivelando un cuore di ricotta morbida e profumata. Una pausa dolce prima di riprendere il cammino.

5. Ore 14:30 – Il silenzio del Monastero dei Benedettini

Nel primo pomeriggio, il sole batte forte, ma mi incammino comunque verso il Monastero dei Benedettini, a una ventina di minuti dal centro. Cammino lentamente, osservando la città che sembra rallentare. Il monastero è imponente, costruito in pietra lavica scura e bianca, e sprigiona un’aura di severa bellezza. È uno dei più grandi complessi monastici d’Europa e oggi ospita le facoltà umanistiche dell’Università di Catania.
Partecipare a una visita guidata è quasi d’obbligo: attraverso chiostri silenziosi, cripte, biblioteche e giardini segreti, ogni spazio racconta qualcosa. I pavimenti in pietra, i portali scolpiti, i resti romani inglobati nelle fondamenta… tutto parla di stratificazioni. La parte più intensa è quella sotterranea: antichi corridoi in penombra, testimoni di terremoti ed eruzioni, mi fanno sentire piccolo e insieme parte di un tempo molto più ampio. Qui, il silenzio è denso, quasi sacro.

6. Ore 17:00 – Le luci e le ombre di Via Crociferi

Nel tardo pomeriggio, torno su Via Crociferi, una delle strade più iconiche e suggestive del barocco siciliano. I suoi palazzi nobiliari, le chiese monumentali e i portoni scolpiti sembrano usciti da un quadro antico. Ogni passo è un’inquadratura perfetta: archi che collegano gli edifici, balconi in ferro battuto, angeli scolpiti nelle cornici.
La luce del tramonto fa tutto più magico: il sole si infila tra le facciate, proietta ombre lunghe, esalta i rilievi. Mi fermo davanti alla Chiesa di San Benedetto, famosa per la sua “Scalinata degli Angeli”. Osservo in silenzio le statue, i dettagli, il contrasto tra la pietra chiara e l’ombra crescente. Su una panchina, un anziano legge il giornale e alza lo sguardo per sorridermi. Quel gesto semplice, insieme al silenzio dorato della via, mi fa sentire incredibilmente in pace. Catania, in quei minuti sospesi, è tutta lì: storia viva, bellezza quieta, umanità che resiste.

7. Ore 18:30 – Tramonto sul mare

Catania ora è avvolta in una luce morbida, quasi dorata. Proseguo lungo via Dusmet verso est, tra vecchi magazzini portuali e container silenziosi, respirando il profumo salmastro che arriva dal porto. La città sembra rallentare il passo mentre raggiungo il Lungomare di Catania, dove le onde si infrangono pigramente contro le rocce laviche nere. Mi siedo su un muretto di pietra vulcanica, ancora caldo del sole del giorno, e guardo il sole abbassarsi lentamente verso l’orizzonte. Il cielo si tinge di rosa antico e viola profondo, riflessi dorati danzano sulle onde. Una coppia bisbiglia parole d’amore, mentre poco distante un gruppo di giovani suona la chitarra e canta piano. È il momento in cui la città tace e lascia spazio al respiro del mare, alla sua voce antica e infinita. Un momento di sospensione, come se anche l’Etna, là in fondo, osservasse in silenzio.

8. Ore 20:00 – Il ritorno alla quiete di Piazza del Duomo

Con la sera che avanza, ritorno lentamente verso il cuore della città, fino a Piazza del Duomo. Le strade si svuotano, i passi si fanno più lenti, e tutto sembra ovattato. Le luci soffuse dei lampioni disegnano arabeschi d’ombra sulla pietra lavica, mentre la fontana dell’Elefante, con la sua figura quasi fiabesca, brilla sotto un chiarore gentile. Un musicista di strada, seduto su uno sgabello consumato, suona una melodia lenta con la fisarmonica: è un suono che sembra venire da lontano, malinconico e affettuoso insieme. Mi siedo su una panchina di pietra e lascio che i pensieri scorrano. Ripenso alla giornata trascorsa: dal primo caffè del mattino nel bar affacciato su una piazzetta ancora addormentata, alle grida vivaci del mercato del pesce, dal silenzio solenne del Castello Ursino alla teatralità delle facciate barocche. E infine, il mare. Catania non è una città da “colpo di fulmine”. È una città che si svela un poco alla volta, come una confidenza, una storia raccontata sottovoce. Una città dove il tempo, la fede e la vita quotidiana danzano lente, sotto l’occhio vigile e misterioso del vulcano.

Postfazione per i viaggiatori: il ritmo di Catania è una poesia lenta e ardente

Catania non colpisce per la perfezione, ma per la sua resilienza. Dopo eruzioni e terremoti, continua a vivere, respirare, risplendere. In ogni vicolo si intrecciano vita e morte, distruzione e rinascita, caos e pace.

Se visiterai Catania, dimentica per un attimo la lista delle “cose da vedere” e scegli una strada qualsiasi. Cammina al mattino, ritorna al tramonto. Scoprirai un cuore tenero e ardente, custodito ai piedi dell’Etna.